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Abbazia di Santa Maria le Piane

Abbazia di Santa Maria le Piane


Nella fertile pianura che inizia dalle falde della collina su cui sorge l'abitato di Mottafollone e che si allunga, seguendo prima il corso del fiume Occida, poi del Rose e quindi dell'Esaro fino a lambire la piana di Sibari, in una verde pianura, a breve distanza da Mottafollone, si scorge, tra querce e ulivi, l'antica abbazia medievale di S. Maria Le Piane.

La sua presenza è dovuta alla diffusione del monachesimo nelle nostre contrade. La vita anacoretica trovò larga diffusione nelle nostre regioni meridionali, specie dopo la fuga di monaci greci a causa delle invasioni persiana e araba e la lotta per le immagini (iconoclastia). L'occupazione araba della Sicilia nell'827 costrinse monaci, anacoreti, eremiti e gruppi di fedeli a lasciare la Sicilia per cercare nel continente, nella vicina Calabria, luoghi più sicuri e accoglienti, posti ai margini dell'impero di Bisanzio, dove non arrivavano le persecuzioni.

Così cominciò a sorgere la catena di monasteri basiliani sulle nostre alture e nelle nostre vallate, divenendo oasi di cultura e centri di spiritualità. Famosa divenne la catena dei monasteri detta del Mercurion, fucina di Santi. Nel numero di questi piccoli monasteri, romitori per ristretti gruppi di eremiti, è da annoverarsi l'Abbazia di S. Maria Le Piane di Mottafollone. Abbazia per la presenza del frate abate, superiore del romitorio, mentre la dedicazione a S. Maria è dovuta ai monaci cistercensi quando dal XII secolo la spiritualità di questi frati raggiunse i nostri cenobi. Particolarmente devoti verso Maria la Madre di Gesù, ponevano sotto la sua protezione i loro monasteri, aggiungendo poi al comune titolo S. Maria una specificazione diversa per distinguerli tra loro. Così l'abbazia di Mottafollone, per il fatto della sua posizione in pianura, viene denominata S. Maria Le Piane. Le limitrofe assunsero altre denominazioni: S. Maria della Consolazione ad Altomonte; S. Maria de Fontibus a Lungro; S. Maria la Matina a S. Marco; S. Maria Requisita alla Sambucina di Luzzi ed altre ancora. Questa di Mottafollone ha le caratteristiche delle chiesette bizantine. Era provvista di portico, il nartece, di cui restano le quattro colonne di sostegno della cupola, caduta da tempo. Rimane il vecchio portale d'ingresso. All'interno sono ben conservati due affreschi del 600, uno sulla parete di destra e l'altro di fronte sulla parete di sinistra, in due incavi. Dietro l'altare è pure visibile buona parte d'un affresco del XIV secolo, venuto fuori da sotto l'intonaco durante i lavori di restauro. Tutte le raffigurazioni hanno un identico tema: la regalità di Maria, la Madonna incoronata regina. Dopo l'ingresso, alla parete di sinistra, è murata un'acquasantiera in pietra scolpita, che all'origine poggiava sull'apposita colonnina pure di pietra. All'interno dell'acquasantiera sono scolpiti tre pesci in cerchio, di cui è evidente il simbolismo: il pesce, è il segno che usavano gli antichi cristiani per farsi riconoscere, le cui lettere erano iniziali di Gesù Cristo figlio di Dio salvatore; il numero tre indicava anche le tre Persone della SS.Trinità, mentre la disposizione in cerchio sta a significare l'essere infinito di Dio.

A fianco della chiesetta esistono tuttora dei vecchi fabbricati, purtroppo stravolti dalle modifiche, che un tempo facevano parte dell'abbazia. In uno di questi si conserva ancora un'antica, caratteristica e suggestiva celletta, unica nel suo genere: è costruita all'interno con sottili scaglie di coppi ("grasti ‘i ciammili”). Ciò che ha richiesto un magistero abile e paziente: da frati, insomma.

Dalle "Rationes dedmarum" del 1324, il registro delle decime che i benefici ecclesiastici pagavano alla S. Sede, risultano presenti nell'abbazia di Mottafollone, oltre al collettore pontificio, frate Nilo, abate di S. Sosti; fra Nettario, abate di Buonvicino; fra Antonio, abate di S. Maria della Matina di S. Marco e il priore dei benedettini di Cetraro. Si ha pure notizia di un abate ancora più antico, "Frate Jacobe de Gergenti", la cui presenza viene ipotizzata intorno al X - XI secolo. Di lui restava il sigillo gotico, menzionato e conservato da don Domenico Cerbelli; testimonianza, purtroppo, scomparsa dopo la morte di questo benemerito storiografo di Mottafollone. Nella sua Monografia è riportata comunque l'impronta del predetto sigillo.